Numeri alla mano, i pazienti affetti da psoriasi sono spesso persone che soffrono simultaneamente di altre specifiche condizioni, come diabete, dislipidemia, malattie cardiovascolari e malattie infiammatorie intestinali, oppure che sono obese.
Non a caso, spesso la psoriasi si presenta nelle forme più gravi e fastidiose proprio in chi ha abitudini alimentari sbilanciate, come per esempio un’assunzione eccessiva di grassi oppure una scarsa assunzione di pesce e fibre alimentari. Insomma, la correlazione tra abitudini alimentari da un lato e l’incidenza e la gravità della psoriasi dall’altro è supportata da evidenze statistiche significative.
Partendo da questo elemento di fatto, un gruppo di dermatologi giapponesi della Nippon Medical School ha recentemente condotto uno studio per approfondire – anche al di là delle semplici valutazioni numeriche – il legame tra nutrizione e psoriasi, condensando poi i risultati in una pubblicazione di metà 2020 sull’International journal of molecular sciences.
Come ben noto, la fastidiosa condizione infiammatoria cronica della pelle indicata come psoriasi è caratterizzata da un'accelerazione simultanea di più fattori: il fattore di necrosi tumorale-α, l’interleuchina-23 e l’interleuchina-17, il tutto associato a una iperproliferazione e differenziazione anormale dei cheratinociti epidermici. E ciò che è emerso dalla ricerca, confermando di fatto le evidenze quantitative e statistiche, e che proprio tramite questi fattori l'alimentazione può influenzare sia lo sviluppo sia il progresso della psoriasi, incluse anche tutte le relative comorbilità. Inoltre, dall’analisi della letteratura scientifica disponibile è emerso che le persone affette da psoriasi hanno spesso una concomitante disbiosi del microbiota intestinale, oltre che una carenza di vitamina D o di selenio.
Entrando nel merito dei meccanismi fisiologici e microbiologici, i ricercatori hanno stabilito che ci sono alcuni cibi che fanno particolarmente male alla psoriasi, esacerbandola. Tra questi ci sono gli acidi grassi saturi, gli zuccheri semplici, la carne rossa e l’alcol: tutti questi alimenti causano un aggravamento dei sintomi attraverso l'attivazione del dominio legante i nucleotidi, delle ripetizioni ricche di leucina, dell’inflammasoma 3 contenente dominio pirinico, del fattore di necrosi tumorale-α, dell’interleuchina-23, dell’interleuchina- 17, delle specie reattive dell'ossigeno, di prostanoidi e leucotrieni, della disbiosi intestinale e della soppressione delle cellule T regolatorie. Un lungo elenco che corrisponde a una sollecitazione delle vie infiammatorie e che si traduce, all’atto pratico, in una condizione di sintomatologia aumentata per il paziente psoriasico.
Ma c’è anche un rovescio buono della medaglia: alcuni alimenti, infatti, non solo non esacerbano la psoriasi, ma ne riducono gli effetti e la sintomatologia. Tra i nutrienti più indicati ci sono gli acidi grassi polinsaturi n-3, la vitamina D, la vitamina B12, gli acidi grassi a catena corta, il selenio, la genisteina, le fibre alimentari e i probiotici. Tutti questi, affermano gli scienziati, migliorano la psoriasi attraverso la soppressione delle vie infiammatorie e inducendo la proliferazione dei linfociti T regolatori.
Tutte queste informazioni mostrano che, se da un lato una dieta scorretta può essere un fattore determinante nell’aggravare la psoriasi, stimolandone i meccanismi fisiologici sottesi, dall’altro una nutrizione regolata ad hoc è una via da percorrere per ottenere l’alleviamento della psoriasi.
E se l’alimentazione è un fattore chiave per la regolazione della psoriasi e delle sue comorbidità, può essere opportuno non solo dare indicazioni generali sui cibi più o meno adatti, ma anche proporre diete personalizzate per i singoli pazienti in base al loro stato nutrizionale, ottenendo una regolazione della malattia e una migliore gestione dei sintomi.
Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32751360/