Anche se è impossibile avere dati validi globalmente, è noto che la stitichezza è un disturbo che colpisce prevalentemente le donne: una predisposizione che ha le sue radici nella variazione ormonale tipica della biologia femminile che interferisce con la motilità gastrointestinale.
Questa condizione, spesso prolungata e fastidiosa, ha presumibilmente delle ripercussioni sulla qualità di vita di chi è colpito. Già, ma quali?
Un recente studio ha provato a capirlo. A condurlo sono stati dei ricercatori brasiliani coordinati da Amanda Gomes Santas dell’Università federale di Rio Grande do Norte, a Santa Cruz. Gli scienziati hanno coinvolto un gruppo di quasi 200 donne (195) dai 19 ai 49 anni di età, non in stato interessante (la gravidanza infatti è un fattore che aumenta molto la possibilità di generare stipsi) e in premenopausa. Tutte le donne del campione sono state caratterizzate con parametri legati alla loro vita (come stato coniugale, attività fisica, livello di istruzione) e sono state intervistate per capire se avessero o meno stitichezza, secondo criteri oggettivi e considerati il gold standard (quelli di Roma III).
La metrica per stabilire la loro qualità di vita è stato il punteggio WHODAS 2.0 (World Health Organization Disability Assessment Schedule), uno strumento di valutazione concepito in seno all’Organizzazione mondiale della sanità che rappresenta un metodo standardizzato per misurare “salute e disabilità” di una persona.
Questo strumento è in grado di quantificare, a seconda delle risposte date dai pazienti, le disfunzionalità relative a sei distinti domini: le attività cognitive (comprendere e comunicare), la mobilità (muoversi e spostarsi), la cura di sé (la capacità di provvedere all’igiene personale e in generale alla propria vita autonoma), la capacità di interagire con altre persone, le attività della vita quotidiana (prendersi cura della casa e della famiglia, lavorare e andare a scuola/università) e la partecipazione, ovvero la capacità di prendere parte a iniziative della comunità, a condurre una vita sociale e a svagarsi.
L’elaborazione dei dati – pubblicati sul Journal of Multidisciplinary Healthcare - oltre a riuscire a quantificare la prevalenza di stipsi nel campione (35,4%) hanno trovato un’associazione molto netta tra stitichezza e alti livelli di “disabilità” in alcuni domini, così come definiti da WHODAS.
Le donne stitiche, infatti, sono risultate particolarmente colpite nella cura di sé, nella capacità cognitiva, nella mobilità e nella partecipazione. Le pazienti affette da stipsi insomma, faticano a concentrarsi, hanno meno memoria, e lamentano difficoltà di apprendimento e comunicazione. Il disagio condiziona anche la capacità di muoversi, di uscire, camminare, la cura di sé e la propensione ad entrare in contatto con gli altri.
Naturalmente gli autori sottolineano che questi risultati sono solo associazioni, seppur importanti, e che servono ulteriori studi per stabilire se esista o meno un nesso causale.
Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32982264/