Di endometriosi soffre una donna su dieci in tutto il mondo. Questa malattia infiammatoria cronica è associata alla presenza di mucosa endometriale al di fuori della cavità uterina. Oltre a provocare numerosi disturbi e forti dolori, può portare all’infertilità.
I meccanismi che portano all’insorgenza e allo sviluppo dello stato infiammatorio non sono stati ancora del tutto chiariti, sebbene siano stati evidenziati fattori genetici, epigenetici e associati a disfunzioni del sistema immunitario. E poi, proprio come nel caso di molte altre patologie, pare che un ruolo di spicco sia svolto dal microbiota. Una review condotta da un team australiano approfondisce appunto il legame tra disbiosi ed endometriosi. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Endocrinology.
La disbiosi che si osserva nell’endometriosi, evidenziano gli autori, può essere considerata sia una causa che una conseguenza della patogenesi. Su questo fronte c’è quindi ancora molta strada da fare: un discorso è infatti se l’infiammazione è provocata da uno squilibrio del microbiota, un aspetto molto diverso è, invece, se è lo stato infiammatorio a provocare cambiamenti nell’abbondanza e nella diversità di microrganismi che popolano alcune regioni del nostro organismo.
Identificare specifiche firme del microbioma però può essere in ogni caso uno strumento estremamente utile sia in sede di diagnosi sia di trattamento della malattia. Un primo passo riguarda quindi l’analisi del microbiota intestinale, del liquido peritoneale e del microbiota del tratto riproduttivo femminile per individuare le firme del microbioma specifiche dell’endometriosi. Il passo successivo, su cui si stanno focalizzando le nuove ricerche, è capire come manipolare il microbiota per trattare l’endometriosi.
Sul fronte diagnostico, concludono gli autori, il test del microbioma potrebbe diventare in futuro un modo semplice ed efficace per scoprire la presenza di endometriosi, senza bisogno di ricorrere alla laparoscopia, all’ecografia transvaginale o alla risonanza magnetica. Con il valore aggiunto che, andando poi ad agire sul microbiota per riequilibrarlo, si potranno fare importanti passi avanti anche nel trattamento della malattia.
Fonte: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fendo.2023.1110824/full