Misurarsi la pressione a casa è un buon metodo speditivo per tenere sotto controllo la propria salute.
Per le persone che soffrono di diabete di tipo 2, maggiormente soggette all’insorgenza di malattie cardiovascolari, questo semplice gesto potrebbe avere una valenza in più, rivelandosi un indicatore di rischio cardiovascolare particolarmente efficace.
Lo suggerisce uno studio retrospettivo condotto da un team di ricercatori giapponesi e pubblicato in agosto sulla rivista Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases. I dati analizzati dagli scienziati erano stati raccolti tra il 2008 e il 2017 nel corso del programma di monitoraggio Kamogawa-HBP.
L’iniziativa aveva coinvolto circa millecinquecento pazienti con diabete di tipo 2, frequentatori regolari delle cliniche per diabetici di cinque ospedali giapponesi ma non ricoverati, ai quali era stato chiesto di misurarsi la pressione sanguigna a casa (HBP, Home Blood Pressure) di mattina e di sera per quattordici giorni.
A partire dai valori raccolti dal programma Kamogawa, per 1082 pazienti (574 maschi e 508 femmine tra i 20 e i 90 anni) i ricercatori hanno calcolato la pressione di pulsazione (PP, differenza tra pressione sistolica, o massima, e diastolica, o minima), che nelle persone con diabete di tipo 2 appare un predittore più efficace di rischio cardiovascolare rispetto alla pressione sistolica. Sono quindi andati a correlare questi valori con l’effettiva comparsa di malattie cardiovascolari nei partecipanti al programma.
Che cosa hanno osservato? Innanzitutto che un aumento di 10 mmHg nella pressione di pulsazione mattutina era associato a un rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari 1,3 volte più alto. E, cosa particolarmente interessante, che il monitoraggio della pressione a casa era un fattore predittivo più efficace rispetto alle misurazioni condotte in clinica.
Secondo gli autori, questo si deve a due motivi: da un lato, misurarsi la pressione a casa permette di monitorare con maggiore regolarità e continuità i valori. Dall’altro, neutralizza il cosiddetto “effetto camice bianco”, che porta a un aumento dei valori di pressione arteriosa quando la misurazione è fatta da un medico o un operatore sanitario.
Gli autori evidenziano anche alcuni limiti dello studio e auspicano un approfondimento delle ricerche. I loro risultati sono infatti molto promettenti e, se validati da ulteriori osservazioni, potrebbero tradursi in una prassi semplice e rapida, quanto efficace, per monitorare il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari nei pazienti con diabete di tipo 2. Che dovrebbero limitarsi a misurare, ogni mattina e con regolarità e continuità, la propria pressione di pulsazione.
Fonte: https://www.nmcd-journal.com/article/S0939-4753(22)00333-7/fulltext