Di malattie autoimmuni sentiamo parlare sempre più spesso e l’artrite reumatoide è una di queste. Sembra che l’insorgenza di queste patologie sia in aumento a livello globale: solo di artrite reumatoide soffrono infatti 5-10 persone su mille nel mondo.
Ma ancora sappiamo relativamente poco sulle cause e i fattori scatenanti che potrebbero aiutarci non solo a trattare le malattie autoimmuni, ma anche a prevenirle.
Per cominciare a comporre questo puzzle, una equipe dell’Università di Amsterdam, nei Paesi Bassi, ha condotto una review sistematica degli studi che si sono focalizzati sulla prevenzione e il pretrattamento dell’artrite reumatoide. I risultati dell’analisi sono stati pubblicati sulla rivista Autoimmunity Reviews.
L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune caratterizzata da poliartrite periferica simmetrica alle mani, ai piedi o a entrambe le estremità. Se non viene trattata in modo efficace, porta a disabilità a lungo termine.
La malattia è preceduta da una fase preclinica, in cui gli individui geneticamente predisposti accumulano fattori di rischio ambientali e sviluppano l’autoimmunità. Segue poi l’insorgenza di segni e sintomi non specifici, per arrivare infine alla manifestazione della patologia vera e propria. Vale la pena sottolineare che i fattori di rischio individuati sono quelli alla base di moltissimi altri disturbi: fumo, alimentazione scorretta, scarso esercizio fisico, stress.
Per capire come trattare preventivamente gli individui a rischio, in modo da ritardare o persino evitare l’insorgenza dell’artrite reumatoide, gli autori hanno analizzato 1821 articoli disponibili sui database biomedici e farmacologici Medline ed Embase. Gli studi presi in esame nella review finale si sono però ridotti a un numero ben più esiguo di casi, dato che sono ancora poche le indagini che si focalizzano sulla fase preclinica della malattia.
Frazzei e colleghi riassumono in una tabella i tipi e i dosaggi dei farmaci somministrati nei diversi studi, e discutono in modo dettagliato gli esiti di questi trattamenti. I risultati sono in qualche modo promettenti, seppure non risolutivi.
Nessun farmaco, infatti, sembra al momento in grado di evitare l’insorgenza della malattia, ma il trattamento precoce con alcuni di essi ne può ritardare la manifestazione, indicando una possibile strada per la prevenzione e il pretrattamento di questa debilitante patologia.
Fonte: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1568997222001872?ref=pdf_download&fr=RR-2&rr=8166d5df7a4a3751