L'obbiettivo è quello di sostituire in molti casi la tradizionale e fastidiosa colonscopia nella diagnosi di molte patologie, prima fra tutte il cancro del colon. I primi quattro pazienti identificati (su un totale di 40 previsti) sono tre donne e un uomo che entro fine anno ingeriranno la videocapsula presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli nell'ambito di uno studio europeo multicentrico a cui partecipa, come unico centro italiano, l'Unità di Endoscopia Digestiva Chirurgica diretta dal Professore Guido Costamagna, docente di Chirurgia Generale, Endoscopica e Gastroenterologia all'Università Cattolica di Roma.
"La colonscopia con videocapsula", spiega Costamagna, "rappresenta il più innovativo e affascinante progresso nell'ambito dell'endoscopia senza fili". La capsula è monouso ed è un concentrato di tecnologia. Misura circa 11 x 31 mm ed è dotata di 2 cupole ottiche così da potere acquisire immagini da entrambe le estremità. In ciascuna delle cupole la capsula contiene le ottiche e una sorgente luminosa. Nella parte centrale della capsula trovano posto una batteria e un sistema che trasmette le immagini a un registratore portatile esterno. La capsula acquisisce 4 immagini al secondo da ciascuna estremità. Per risparmiare energia la capsula è dotata di un sistema di accensione ritardata a 1,5 ore dall'ingestione.
Rispetto alle tecniche diagnostiche tradizionali, endoscopiche e radiologiche, la capsula per il colon presenta diversi vantaggi: non richiedere sedazione, non espone il paziente a radiazioni, viene ingerita naturalmente, non richiede l'insufflazione del viscere e consente la visualizzazione diretta della mucosa "in tempo reale". La colonscopia con videocapsula prevede una specifica preparazione intestinale che deve essere eseguita in parte il giorno precedente l'esame e in parte il giorno dell'esame. Il paziente dopo avere ingerito la videocapsula può tornare a compiere le normali attività quotidiane seguendo delle semplici prescrizioni.
La colonscopia è un esame frequentemente richiesto. Basti pensare che secondo le più recenti linee guida, tutti a 50 anni dovremmo eseguire una colonscopia di screening per i tumori del colon-retto. Enorme quindi la ricaduta di questa nuova tecnica in termini di consenso e adesione dei cittadini ai programmi di screening per la diagnosi precoce di una forma di cancro che è al terzo posto tra le cause di mortalità oncologica.